domenica 2 ottobre 2011

Neumann, il femminile e l’acqua


di Lucia Capo

L’aspetto seducente del tema "donna mare" mi fa pensare all’immaginario collettivo occidentale che ha costruito intorno all’elemento “acqua” miti e leggende di grande fascino (il diluvio universale che annienta ma prelude ad una rinascita, l’acqua come vita nel grembo materno, il battesimo come consacrazione dell’uomo nuovo).
Nell’ambito della pittura, l’800 è il secolo che inaugura il contatto tra la cultura occidentale e quella orientale, permettendo all’Europa di riscoprire il piacere della contemplazione della carne e l’esaltazione del  desiderio.
L’acqua rimane un elemento costante, anzi il suo legame con l’eros e la bellezza ne esalta il valore nel corso del tempo.
Io, pertanto, vorrei collegarmi al  mondo segreto dell’acqua, al  mondo delle Madri, alla notte, al silenzio e  all’inconscio.
Un grande filosofo tedesco Erich Neumann medico e analista, allievo di Jung, parla del mondo femminile e ne sottolinea l’intensa simbologia nel passaggio dalle tenebre alla luce.
La sensibilità femminile vede nell’oscurità: la sua intuizione supera la prigionia dei processi inconsci.
Il femminile ha in sé il principio della saggezza; che si chiami dovere dell’amore o dovere del dialogo, è sempre il dovere assoluto di comprendere l’altro.
Questo spirito del dialogo è il viaggio verso la luce, è l’antitesi allo spirito di dominio e di tracotanza, alla ybris greca.
A voler fare una digressione la stessa Clitennestra ebbe le sue ragioni da far valere quando Agamennone per placare Artemide sacrificò la figlia primogenita Ifigenia. Ed Elena moglie di Menelao che ebbe bellezza di dea e,  avutala, non nascose di averla, è da ritenersi non colpevole perché fugge con Paride. Perché lo fa? Per decisione degli dei? Per decreto di Necessità? O forse per l’incantesimo della parola ? Quali le ragioni? Ce le fornisce Gorgia in un discorso mirabile e molto importante sull’azione persuasiva della parola nell’ “Encomio di Elena”.
Infatti ci dice: “la parola gran dominatore e con piccolissimo corpo riesce a calmare la paura , a eliminare il  dolore, a suscitare la gioia, ad aumentare la pietà.
Aggiungendosi alle disposizioni dell’animo, la potenza dell’incanto, questa persuade e trascina.
Nell’esaminare il caso, Gorgia sostiene che se Elena fece quello che fece per volontà del caso, è giusto che s’incolpi chi ha colpa: poiché la Provvidenza divina non si può impedire,  e naturale è non che il più forte sia ostacolato dal più debole ma che il più debole sia dal più forte comandato e condotto; e la divinità supera la donna. Se poi fu rapita ed oltraggiata è chiaro che la rapita e la oltraggiata più che essere condannata subì una sventura. Infine, Elena avrebbe potuto subire altra e più potente azione fascinatrice, quella della parola; come infatti certi farmaci eliminano dal corpo certe malattie, così nei discorsi alcuni producono dolore, altri diletto, altri coraggio e infine con qualche fascinazione avvelenano l’anima e la stregano.
In ogni caso Elena è esente da colpa perché ella diventa la parte più delicata e autentica; è il femminile che si nutre della volontà del rispetto e dell’altruismo e del dialogo, senza il quale non si vede quale altra norma di civiltà possa giustificarsi.
Ricordo il fr. 92 di Eraclito: “La sibilla dalla bocca delirante dice cose di cui non si ride,  non addolcite  né da ornamenti né da profumi”.
Neumann sostiene che il femminile ha in sé una evoluzione dove non c’è scissione e dove il Tu non è visto come un estraneo; pertanto la sua fenomenologia si sperimenta come confronto e simbolicamente la donna comprende non solo con la testa ma con tutto il suo essere; ed ecco che ritorna l’elemento originario: l’acqua che dà la vita, che avvolge, che protegge, che alimenta e che compie il suo viaggio dall’oscurità della notte verso la luce.

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