lunedì 9 gennaio 2012

Le streghe di gennaio


In Campania le streghe vengono chiamate ""janare".
Le Janare sono un favoloso mostro femminile, capace di volare di notte; la janara è una donna, che ha ottenuto un potere soprannaturale, grazie a un patto col demonio.
Il nome forse deriva da Giano, il dio bifronte. Non è inutile ricordare che Giano sovrintendeva all'inizio e alla fine di ogni azione di una certa importanza, e che il suo tempio restava sempre chiuso per essere riaperto esclusivamente in tempo di guerra. Una divinità, Giano, ugualmente inquietante e misteriosa, che ben poteva trovare una via di fusione con la Ecate greca. In epoca tardo ellenistica Ecate si confuse con Diana, che era la dea cacciatrice dei boschi e della luna, per cui le dianare, sacerdotesse della luna, divennero ben presto delle streghe, sacerdotesse cioè della  Ecate trimorfa. Come tali erano considerate malvagie, votate a fare del male.
Le Janare sono presenze della notte, discendono la loro credenza addirittura da una titanessa la cui origine è alquanto oscura. I greci credevano nella titanessa Ecate, e attribuivano allo stesso Zeus un grande rispetto per questa figura. Altra probabile antenata potrebbe essere la Lilith delle leggende ebraiche. Nel Vecchio Testamento Lilith è un demone femminile che disturba il sonno degli uomini. In una leggenda ebraica Lilith sarebbe stata addirittura la prima moglie di Adamo, precedente alla stessa Eva e che Adamo avrebbe scacciato confinandola nel vuoto a causa del suo cattivo carattere. Sarebbe proprio il desiderio di vendetta per quella che dovette considerare un'ingiustizia, che la spingerebbe nelle sue scorribande notturne. Comunque sia, la Lilith ebraica trova a sua volta una antenata nella Lilitu cananea, altro demone femminile che molestava gli uomini. In epoca medioevale le dianare divennero anche sacerdotesse del maligno, e in quanto tali furono combattute dalla Chiesa. La janara è una figura della tradizione popolare. Come tutti gli esseri magici, ha carattere ambivalente: positivo e negativo. Conosce i rimedi delle malattie attraverso la manipolazione delle erbe, ma sa scatenare tempeste. Nella coscienza popolare non si associa la janara al diavolo, ella non ha valenze religiose, ma solo magiche, come l’Uria , la Manalonga, le Fate. Appartiene cioè ad un universo estraneo a quello umano e per questo temibile ed incomprensibile come tutto ciò che è diverso.
L’etimologia proposta per il termine popolare janara metterebbe in connessione tale nome con il latino ianua = porta, in quanto insidiatrice delle porte, per introdursi nelle case. Presso gli usci si ponevano quindi scope o sacchetti con grani di sale, in modo che,  se la janara riusciva ad entrare, sarebbe stata costretta a contare i fili della scopa o i granelli di sale, senza poter venire a capo del conto. L’alba sopraggiungeva a scacciarla, poiché non si accorgeva del passare del tempo, impegnata nell’insulsa operazione. Gli oggetti posti a tutela delle porte infatti hanno insite virtù magiche: la scopa per il suo valore fallico, oppone il potere maschile a quello femminile della janara; i grani di sale sono portatori di vita, poiché un’antica etimologia connette sal (sale) con Salus (la dea della salute).
Janara è termine comune nel beneventano per indicare la strega e lo si trova anche nella variante ghianara. La semiconsonante iniziale è l’evoluzione naturale del nesso latino \di\, come nel caso di diurnum - juorno. Pertanto il termine non proverrebbe da ianua – porta, da cui il Giano custode delle porte-, in cui la \i\ evolverebbe in \g\ (cfr. Ianuarius Gennaro, ma anche Gennaio), ma da dianaria o dianiana, aggettivo derivato da Diana , equivalente a “seguace di Diana”. La Diana di italica origine, prima dell’accostamento ad Artemide, aveva infatti una connotazione di dispensatrice di luce e protettrice delle partorienti. Interessante l’appunto che vede l’Artemide greca appena nata aiutare la madre Latona a partorire il gemello Apollo.
Arriviamo all’origine di Diana che si fa risalire ad una radice sanscrita DIV per “splendere”, “brillare”, da cui un sanscrito DIVAN per “giorno” e DEVAN “splendore”.
Inequivocabile la parentela con deus “dio”, ma anche “dì”, in italiano la parte illuminata del giorno, che sfiora in territorio inglese il “day” sul quale ho però qualche perplessità.
Diana è quindi, in un certo senso, la Dea per eccellenza.
L’accostamento di Diana alla Luna, più che un riferimento alla luce selenica, sembra invece frutto dell’appiattimento dell’antico culto italico a quello già citato dell’Artemide greca, tanto è vero che il gemello Apollo viene talvolta associato al Sole.
(ricerca su internet)

Nessun commento:

Posta un commento