lunedì 26 marzo 2012

Contro l’Ozio


 

  [di Rosario Tedesco]

   È bene che ognuno inizi a pensare al mondo come ad un enorme Casa di Cura o di Recupero, nella quale ognuno di noi si è volontariamente richiuso per guarire da un male o da più mali di cui non è cosciente di essere affetto, non avendo memoria né del giorno in cui vi è entrato né della ragione per cui vi è entrato, e non ne avrà se non nel giorno nel quale inesorabilmente né uscirà, indipendentemente o meno dal fatto che sarà guarito dai suddetti mali.
   Nella casa in questione i curatori sono al tempo stesso anche dei protettori – così li chiamano gli Addetti ai Lavori - e lavorano per noi nell’ombra a nostra insaputa, indirizzandoci sulla via della guarigione con cadenza ciclica e ad intervalli più o meno regolari, ma lasciandoci totalmente liberi di decidere se imboccarla o deragliare dalla stessa ogni qualvolta siamo chiamati a farlo.
   Dai più sono comunemente detti angeli, o angeli custodi.
   Sono tanti e diversi i modi in cui ci aiutano nel cammino della nostra attuale vita inviandoci continuamente dei segni che noi rileviamo come coincidenze o che attribuiamo al caso, nonché dei suggerimenti – che crediamo partoriti dalla nostra mente e chiamiamo erroneamente intuizioni.
   Ma la loro peculiarità è quella di assolvere ad un compito ben specifico.
   Quello di indirizzarci su di un crocevia o su di una serie di crocevia giunti ai quali saremo chiamati per l’ennesima volta a decidere se imboccare la strada che il buon senso e il desiderio di cambiare, ergo, di evolverci a livello spirituale ci indica di intraprendere, o ripercorrere quella che l’abitudine e la paura fanno sì che ci appaia come un porto sicuro dal quale non salperemo ma nel quale, male che vada, non naufragheremo di certo - o almeno, non immediatamente.
   E che noi si sappia o meno della loro presenza, a un certo punto ne percepiamo l’assenza.
   È il momento in cui siamo chiamati a decidere se superare o meno ciò che siamo, che altro non è se non il risultato di ciò che siam stati nelle tante vite che abbiam vissuto, e che continueremo ad essere fino a quando non saremo pronti per passare al livello di evoluzione successivo.
   Un momento difficile non solo in quanto ci sentiamo caricati dalla responsabilità di optare per una scelta che muterà gioco-forza il corso della nostra attuale vita, ma anche e soprattutto perché ci sentiamo veramente soli, più soli di quando crediamo di esserlo, ma in realtà non lo siamo perché “sentiamo” i nostri protettori, i quali ci sono accanto e ci aiutano costantemente.
   Ma nel momento in cui siamo chiamati a decidere essi si ritraggono e tacciono del tutto.
   Così è stabilito perché noi si possa decidere sul da farsi avvalendoci del libero arbitrio.

   Tutti abbiamo protettori.
   Nessuno nasce solo.
   Chi è a un livello evolutivo molto basso ha protettori conformi al suo livello.
   Idem per chi è a un livello evolutivo molto alto.
   Per avere l’idea della loro esatta collocazione occorre visualizzare un grafico disegnato a livelli.
   Nel primo livello ci siamo noi, nel secondo e a seguire i nostri protettori.
   Dietro v’è l'ignoranza che esiste da sempre da che mondo è (im)mondo, e che nell’Ordine delle Cose rappresenta il vero Male che v’è da debellare, di qui come di là dal mondo.
   Se potessimo ascoltare le loro voci, udremmo insulti, imprecazioni o vendette di loschi individui, ma non dovremmo farci caso: sono persone rozze, volgari e ignoranti.
   È come se di colpo ci ritrovassimo nel basso medioevo.
   Che personaggi penseremmo di trovare?
   Ecco, esattamente quelli.
   Chi non vive nella luce, cioè dal terzo anello in su, vive in una penombra assoluta.

   Fintanto resterà legato alla materia e a tutto ciò che fa capo ad essa fintanto era in vita, rimarrà lì dov’è e frequenterà solo personaggi dello stesso rango, ma nessuno potrà essergli di aiuto.
   Starà poi ad osservare esempi nel quotidiano di chi è ancora in vita, e da questo capirà i suoi errori.
   Nel momento esatto in cui li comprenderà del tutto, chi era a lui vicino o preposto dalla nascita per assolvere a questo compito, oppure qualche suo parente che lo seguiva nell’ombra, si rivelerà.
   A quel punto egli capirà, e potrà, avendo capito, e in base alla sua personale evoluzione, decidere spontaneamente di tornare alla vita, oppure non potrà, ma dovrà accettare quello che gli viene offerto.
   Sta di fatto che tutti riprendono corpo, anche chi non ne avrebbe bisogno.
   Chi brama la luce si ritrova spesso a provarne una sorta di nostalgia che di fatto non è tale.
   Può anche dimorare la penombra, ed avere in vita uno scatto in avanti che lo porterà alla luce.
   Accedere alla verità può essere un grande passo in avanti, ma sapere non significa cambiare.
   È come siamo dentro che ci fa avvicinare alla luce o fa sì che noi si resti nell’oscurità.
   Tanti attendono tanto prima di ritornare: migliaia di spiriti non si reincarnano da moltissimo tempo.
   Ciò dipende unicamente  dalla presa di coscienza relativa agli errori che abbiamo commesso nella nostra ultima vita, e nelle altre che l’hanno preceduta nel caso essi siano stati perpetuati a oltranza.

   Oscar Wilde ha sentenziato in uno dei suoi scritti con il suo proverbiale quanto geniale humor

Non v’è peccato al di fuori della stupidità


   Non immaginava minimamente quanto si fosse avvicinato alla Verità che domina il mondo.
   L’ignoranza dimora, prospera e agisce negli strati vicinissimi alla Terra.
   Il Diavolo non esiste.
   Il Male è l’Ignoranza, e tutto ciò che ne deriva.
   I Demoni che dimorano l’aldilà sono né più ne meno che gli stessi che dimorano l’aldiquà.
   I Demoni sono gli Ignoranti.
   Le cosiddette “possessioni diaboliche” di fatto esistono e nessuno può negarlo.
   Così come esistono gli esorcisti e gli esorcismi.
   Le cosiddette “possessioni” sono all’ordine del giorno, e individuarle e riconoscerle come tali è più difficile di quanto chiunque di noi è nella carne possa immaginare.
   Quelle che appaiono come tali agli occhi di tutti in modo più o meno evidente sono semplicemente manifestazioni di casi estremi e, per fortuna, sporadici, di processi che avvengono in modo silenzioso, occultato e subdolo in ogni momento.
   Assumono la forma che a tutti noi è ben nota per le ragioni più disparate e disperate, soprattutto, le quali sfuggono al controllo di coloro che ne sono gli artefici, consentendoci però di capire bene cosa avviene a un livello inferiore in maniera non immediatamente percettibile.
   La più grande difesa è essere consapevoli di come esse avvengono e di chi né sono gli artefici.
   Prevenirle si può solo se si sa esattamente come esse avvengono ed ad opera di chi.
   Ebbene, ad operare le possessioni sono quelle anime rozze ed ignoranti che restano legate alla terra proprio in quanto sono così devote alla materia ed alla carne, da non poter fare a meno di vivere nell’attesa d’approfittare d’ogni occasione propizia per accedere nuovamente, tramite il corpo di chi è in vita, a quelle sensazioni e a quei piaceri di cui fanno la ragione stessa del loro esistere, né più né meno di come quando sono nella carne, nonchè agiscono come dei cattivi consiglieri che, gettandoci fumo negli occhi, ci allontanano dalla retta via, esattamente come quei medesimi personaggi che ci capita di incontrare nella vita di tutti i giorni e dai quali sappiamo che dobbiamo stare alla larga, almeno fintanto ci riesce di riconoscerli in tempo.
   Che si trovino di qui o di là, agiscono come delle larve.
   E di fatto così vengono chiamate dagli Addetti ai Lavori.
   Ma i nostri protettori non son tenuti a proteggerci ad oltranza da loro.
   Anche in questo caso ci lasciano la libertà di decidere se votarci alla materia o allo spirito.
   Se tu, prestando ascolto ad un pensiero malefico che insinuano in un momento in cui sei debole, confuso o distratto, o predisposto per una ragione qualsiasi a credere al Paese dei Balocchi di cui ti narra il Lucignolo di turno, mediti di compiere un atto non consono - se pensi di compiere il male per intenderci - i livelli dei protettori si assottigliano, facendo penetrare l'energia di chi ti ha indotto a valutare seriamente l’ipotesi di deragliare dalla retta via –  la quale ognuno di noi, che sia disposto ad ammetterlo o meno, sa benissimo quale è.
   Che tu abbia scelto di cedere o meno alle lusinghe del male, nel momento in cui ritorni in te, riacquisti consapevolezza, rinforzi i livelli a te circostanti, e i tuoi protettori rientrano.

   Il tempo non esiste.
   Il nostro tempo non è il loro, e il loro tempo non sempre è sincronizzato col nostro.
   Non ne hanno bisogno.
   Il tempo per noi ha senso in quanto scandisce il ritmo di ognuna delle nostre giornate e una serie di abitudini alle quali, chi più chi meno, tutti ci atteniamo per regolare la nostra vita.
   Per loro non esistono giornate e abitudini, ma solo un livello di altruismo e di conoscenza che prescinde non solo dal tempo, ma da tutto ciò che concerne l’umano - troppo umano! - e, quindi, il tempo che ci dedicano perché noi comprendiamo è rapportato al nostro livello evolutivo.

   La possibilità che essi possano manifestarsi rendendosi da noi visibili è determinata unicamente dalla nostra voglia di capire, dalla certezza di sentirli, e dal desiderio di volerli realmente vedere.
   Fin quando dimorerà in noi anche il minimo scetticismo a riguardo, non ci riuscirà di vederli.
   E le dinamiche secondo le quali ciò avverrà non sono ordinate dal nostro tempo, ma dal loro.

   Chi è nella carne rapporta tutto al fattore tempo.
   Ma il tempo è relativo per loro, e crudele con gli esseri umani.
   Quello di cui si ha da tener conto è il nostro universo.
   Ognuno di noi rappresenta l'unicità del suo essere nell'universo.
   Non bisogna confondere la fretta col tempo.
   Se non avessimo fretta per il fatto di sapere di che ci è concesso un tempo limitato entro il quale attuare il disegno per il quale siamo tornati per l’ennesima volta nuovamente nella carne, non percepiremmo neanche il passare del tempo e non ce ne crucceremmo affatto.
   Ezra Pound ha scritto
Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto.

   Che si riferisse o no al tempo in questo senso, egli ha sottolineato un’incontestabile evidenza.
   Ossia, che il Tempo è un patrimonio inestimabile fintanto permaniamo in questa dimensione.
   Un patrimonio da centellinare con parsimonia visto che è limitato e breve quello che ci viene concesso per rifarci degli errori commessi nelle precedenti esperienze compiute nella carne.

   Penso al modo in cui in tanti affrontano questa dura realtà che, in fondo, hanno scelto.
   E che il lamentarsi inerente al fatto che tutti i giorni si ha da combattere una guerra è del tutto comparabile a quello di un qualsiasi malato che si lamenta delle cure specifiche che gli vengono portate relative alla battaglia personale che ha da combattere per vincere il male che lo attanaglia o delle restrizioni e delle limitazioni che subisce per il fatto che si trova in quelle casa e non in libertà.
   Quindi, l’accusa rivolta all’Altissimo d’essere ingiusto con noi per le tante prove che ci costringe quotidianamente ad affrontare non ha ragion d’essere esattamente per la ragione per cui non avrebbe ragion d’essere quella che muoveremmo al direttore generale di una qualsiasi casa di cura o di recupero nella quale, ripeto, abbiamo scelto deliberatamente di entrare, spesso dopo un lunghissimo tempo, durante il quale abbiamo atteso di essere sufficientemente consapevoli degli errori che abbiamo commesso in passato, delle ragioni per cui li abbiamo commessi, e soprattutto del fatto che abbiamo bisogno di lavorare ancora tanto su noi stessi per evitare di ricommetterli ancora e poter così guarire dai nostri mali, ergo, diventare delle persone migliori, o – e qui mi rivolgo agli gli addetti ai Lavori, quelli con la L maiuscola - andare avanti nel cammino della nostra personale evoluzione.
   Pensavo, insomma, a chi si ribella a tutto questo, credendo e proclamando a ogni piè sospinto che non merita tutto ciò che gli tocca affrontare in questa vita e che il passaggio sulla terra dovrebbe essere più lieto, più lieve e meno drammatico, soprattutto nei momenti cruciali – e tutti sanno a cosa io mi stia esattamente riferendo – quelli in cui la vita ti presenta il conto relativo a tutti gli azzardi, gli errori, le sciocchezze che hai compiuto, sbagliando sapendo di sbagliare, e credendo che l’avresti passata liscia.
   Pensavo soprattutto a chi, a questo moto di ribellione interno reagisce tagliando del tutto i fili col mondo e rintanandosi da qualche parte restandosene lontano da tutto e da tutti ritagliandosi attorno a sé un mondo nel quale gli risulta tutto sommato agile vivere e nel quale può muoversi aderendo del tutto al Sogno che ha di Se Stesso, un mondo nel quale non è costretto fare i conti con quella serie di difficoltà per superare le quali sarebbe costretto a darsi da fare, ma a darsi da fare sul serio, a rapportarsi a tutti coloro che lo costringono a mettersi in discussione ed, al tempo stesso, a mettersi in gioco, e, soprattutto, come diretta conseguenza delle precedenti “scelte che non comportano scelte”, a guardarsi allo specchio, al di là del fatto che a farlo sia da solo o che lo faccia creando proseliti.
   Gli direi che non è l’intenzione sbagliata, ma più che altro la dimensione.

   Se ci troviamo in questa dimensione è per lavorare su noi stessi, non certo per oziare.
   In questo senso la differenza tra ozio creativo o e ozio distruttivo non ha ragion d’essere.
   Lavorare è inteso sia in senso gnostico, sia nel senso comune che viene attribuito al termine.
   Perché chi non comprende quanto costa guadagnarsi il pane giorno per giorno, direi attimo per attimo, non comprenderà nemmeno quanto costa guadagnarsi la pace giorno per giorno.
   Potrebbe andarsene anche su un isola deserta, in fondo all’oceano, o in cima all’Everest.          
   Potrebbe andarsene anche su di un altro pianeta, ma non sfuggirà mai al giudizio di se stesso su se stesso: quello che in assoluto più dovremmo temere ed anelare al tempo stesso.
   Come dice un proverbio Yiddish:

Se il destino di un uomo è annegare – sappiatelo - annegherà anche in un bicchier d'acqua.

   Nulla accade a caso.
   E il Senso del Tutto è che Tutto ha un Senso.
   Ma, al di là di tutto, bisogna ammetterlo…
   È una gran bella gabbia, il mondo.

   Il brano che segue è tratto dal film Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders.
   A parlare sono i due angeli protagonisti del film, Damiel e Cassel, i quali manifestano, in un memorabile dialogo che hanno a un certo punto della storia narrata da Wenders, una sorta di desiderio di vivere ciò che a loro è precluso da sempre, ossia sapere esattamente cosa si prova ad avere un corpo ed a vivere in una dimensione scandita dall’inesorabile scorrere del tempo, che poi rappresenta il preludio a ciò che poi avverrà di fatto per entrambi, ossia, la scelta di diventare uomini in carne ed ossa, con la serie di vantaggi e di svantaggi che ciò comporterà loro, per Damiel nel primo film, per Cassiel nella sua continuazione, Così lontano Così vicino.
   Lo amo da sempre soprattutto in quanto dirige l’attenzione di chi ascolta su una questione sottovalutata da chi da per scontato che essere immortali rappresenti il non-plus-ultra di quanto potremmo desiderare – di fatto, lo siamo tutti, ergo, perché mai desiderare d’essere ciò che già siamo? – ma piuttosto in quanto mi pare funga da ideale corollario ad un pensiero di Emily Dichinson che mi è caro, come credo lo sia a chi – come me - scrive, come chiunque altro vive.

Scrivere è una gioia terrena negata persino agli Dei
      Si, è magnifico vivere di solo Spirito
e giorno dopo giorno testimoniare alla gente per l’Eternità
soltanto ciò che è Spirituale.
      Ma a volte la mia Eterna Esistenza Spirituale mi pesa.
      E allora non vorrei più fluttuare così in eterno.
      Vorrei sentire un peso dentro di me che mi levi questa infinitezza,
legandomi in qualche modo alla terra.
      A ogni passo, a ogni colpo di vento vorrei poter dire “ora!…e ora!…e ora!”,
e non più “da sempre”, “in eterno”.
      Per esempio, non so,
sedersi al tavolo da gioco ed essere salutati,
anche solo con un cenno.
      Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa era solo per finta.
      Ci siamo lussati l’anca facendo la lotta la notte con uno di quelli,
sempre per finta.
      E sempre per finta abbiamo preso un pesce.
      Per finta ci siamo seduti a un tavolo,
abbiamo bevuto, mangiato, per finta!
      Ci siamo fatti arrostire l’agnello e abbiamo chiesto il vino,
per finta,
sotto le tende nel deserti,
solo per finta!
      Non che io voglia generare subito un bambino o piantare un albero,
ma, in fondo, sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno,
dar da mangiare al gatto, come Philip Marlowe.
      Avere la febbre, le dita nere per aver letto il giornale.
      Non entusiasmarsi solo per lo Spirito ma, finalmente,
anche per un pranzo,
per la linea di una nuca,
per un orecchio.
      Mentire, e spudoratamente.
      Camminare e sentire le che le ossa camminano con te.
      Supporre, magari, invece di sapere sempre tutto.
      “Ah!? Oh!? Ahi!”…Poterlo dire finalmente!
      Invece di “Si” e “Amen”.

      Si… e una volta potersi entusiasmare anche per il Male.
      Trasferire su di sé dai passanti che vanno tutti i demoni della Terra e,
finalmente, ricacciarli nel mondo, ecco.
      Essere un selvaggio.

      E una buona volta sentire come è togliersi le scarpe sotto il tavolo,
e cosi, a piedi scalzi, sgranchirsi le dita dei piedi…

      Rimanere soli, lasciare che sia, restare seri.
      Possiamo essere selvaggi solo se restiamo assolutamente seri.
      Non fare nient’altro che osservare, raccogliere, testimoniare, testare, custodire.
      Restare spiriti, rimanere a distanza, stare alla Parola.

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