giovedì 22 marzo 2012

“L’alibi perfetto” di Iago: la recensione di Vito Rizzo




Nel leggere “L’Alibi perfetto” la prima domanda che ci si pone è: quella di IAGO è poesia o altro?
La scelta delle parole, infatti, non ricerca la metrica ma lo strato semantico che dalle stesse è, allo stesso tempo, celato e svelato, ma solo seguendo il percorso mentale dell’Autore che chiede al lettore una profonda empatia.
Un Autore che fa dei suoi interventi delle invettive civili, etiche, sociali.
Una costruzione dei sentimenti che, nell’apparente distacco dalle emozioni, sa svelare la forza di una profonda passione, una passione che oscilla tra la rassegnazione e la rabbia e che, proprio nel suo rivelarsi, offre uno slancio di rifiuto nei confronti delle dinamiche del mondo di oggi.
Allora, se c’è passione e rabbia, se c’è invettiva, denuncia, rifiuto non può che essere Poesia, Poesia civile che vuole usare le parole per gridare forte il proprio dissenso.
Una poesia sui generis, oltre che civile per contenuto, sferzante per forma, dove l’insofferenza per l’ingiustizia descrive una società che si vive con disagio, tanto che, come in Ecce Homo, la felicità viene descritta come “un’infinita giornata di sciopero”.
Il Poeta è l’osservatore che “annota l’insieme delle mancanze, non trascritte dall’incompetenza e dai timori degli interlocutori partigiani”, che guarda consapevole e disilluso alla Storia in cui “la falce tronca le mani / il martello chiude la bara, il serpente calvo regala la fama”, cronista attento delle dinamiche della politica e della liturgia italiana dove “case popolari scaldate da fiamme artificiali / abitano schede elettorali in pigiama / utili alla conferma e mai al diniego, circondate da egocentrici favolisti”.
Una verità cruda, crudele, senza rimedio perché “i giusti vagano soli tenendosi per mano” per i quali “la paura di perdersi è superiore al coraggio di ritrovarsi.”
I versi di Iago descrivono una poesia dove l’Autore lascia trasparire il suo approccio che non è dell’Umanista ma dello Scienziato, di chi è abituato all’analisi degli elementi nelle sue forme più essenziali ma che accetta la sfida di tracciarne il processo di riproduzione seguendone i percorsi, i rapporti di causalità, le varianti, gli effetti.
E’ con l’occhio nel microscopio che Iago analizza da una parte il mondo che ci circonda, le sue dinamiche, le sue crudeltà, dall’altro l’animo umano che in esso si rapporta e che si sente smarrito.
Iago è un poeta razionalista che sa usare le parole per mandare messaggi, descrivere, raccontare, denunciare, che si diverte – mi si passi il termine – ad essere bravo, più bravo degli altri, in un gioco con il lettore che deve scegliere di seguirlo nel suo campo ed al quale il messaggio è rivelato ma non svelato, un lettore al quale l’Autore chiede di farsi attore nella scoperta.
Ed allora Poeta, poeta “alchimista” che gioca con gli elementi della vita, li analizza, li separa e li riassembla e lo fa attraverso le parole; parole che sono scelte, pesate, scrutate, analizzate, dosate e poi messe lì, in un’unica formula, in grado, essa sola, di produrre l’effetto studiato, intuito e poi… dimostrato. E’ questa la Verità del Poeta; questa è Poesia.

Vito Rizzo

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