giovedì 8 novembre 2012

di Rosario Tedesco


Dell'Assecondare la Materia in Materia di Edilizia

– e Non Solo –

 

 

La Bellezza orami oggigiorno sopravvive unicamente dove coloro che sono preposti sistematicamete a distruggerla si sono distratti.”

                                               Milan Kundera

 

 

   Bisogna assecondare la materia affinché essa sia ciò che può ancora essere, e non forzarla, o più esattamente, violentarla affinché diventi quello che non potrà mai essere se non operando un stravolgimento radicale all'interno o all'esterno di essa, o più precisamente, facendola diventare altro da sè, o meglio, da quello che è stata per tanto Tempo prima che l'uomo vi (ri)mettesse mano.

 

   Ma i motti imperanti dell'odierna barbarie che si perpetua perlopiù nel mondo sono...

 

 "Si fa prima a buttare giù e a ricostruire, che ad aggiustare."

 "Si fa prima a togliere il vecchio intonaco ed a rifarne uno nuovo, che a cercare di salvare quello esistente, per non parlare di riportare alla luce quello pre-esistente."

 "Si fa prima a passare una mano di vernice, che a cercare di salvare quella esistente, per non parlare quella di riportare alla luce quella pre-esistente."

 

   È, vero, si fa prima: è indiscutibilmente vero che è così, nessuno può mettere in dubbio ciò.

   Ma operando in tal modo, non solo cancelli la memoria d'un luogo, ergo, cancelli la tua memoria e quella di tutti coloro che hanno conosciuto e vissuto quel luogo per quello che era stato fino a quel momento - ergo, cancelli te stesso - non solo privi il mondo d'un altra fetta di Bellezza - di quella della cosa in sè e da quella aggiunta indotta dalla suggestione che si ha nel guardare una qualsiasi architettura o elemento di essa che reca i segni del Tempo - ma getti al vento un'occasione per imparare quanto può essere gratificante nonchè illuminante alla lunga – sottolineo alla lunga - assecondare la materia fornendole nè più nè meno che un aiuto affinchè compia il suo ciclo vitale o, magari - perché no? -riportandola a nuova vita – perché anche la materia, a dispetto di quello che in tanti pensano, è viva - piuttosto che stravolgerla, rimuoverla, ricoprirla o sostituirla con altra materia.

 

   Tra le altre cose, la presa di posizione di chi protende per la soluzione più rapida e meno onerosa - da tantissimi punti di vista - equivale nè più nè meno che a una resa incondizionata.

   Rinunciare a priori alla abnorme fatica ed alla infinita pazienza che occorre per preservare una qualsiasi Bellezza e il valore aggiunto che le ha conferito il Tempo Eccelso Scultore - per dirla con Marguerite Yourcenar - senza nemmeno aver operato un tentativo nel senso del Recupero, e protendendo in maniera drastica e sbrigativa per disfarsi del vecchio e sostituirlo con il nuovo, è di fatto un atteggiamento del tutto passivo, oltre che distruttivo, paradossalmente, al tempo stesso.

   Ciò mi fornisce lo spunto per operare una digressione che può essere sintetizzata in quanto segue…

 

   Anni fa feci di un proverbio tibetano ripescato e posto in rilievo da Emile Michel Cioran lo slogan che definiva per eccellenza quello che era il mio atteggiamento esistenziale di allora.

    L'aforisma diceva...

 

Nulla apporta tanti benefici al monaco quanto la virtù della rassegnazione.

 

   È ovvio che sia io che Cioran avevamo colto di questo enunciato solo l'aspetto che si accordava con l'atteggiamento fondamentalmente nichilista che avevamo nei confronti dell'esistenza. Ma non metto in dubbio che chi aveva concepito la frase suddetta si riferiva ad una idea ben più alta di Rassegnazione, e sicuramente collegata al Divino, o, se preferite, a quella di vivere in Comunione con la Creazione ed il continuo e costante Divenire sapientemente orchestrato dal Gran Capo che ad essa fa capo.

   Per non dire - diciamolo! - che avevamo colto solo l'aspetto che “ci faceva comodo” e che, in un certo senso, giustificava l'atteggiamento di fatto rinunciatario, disfattista e sostanzialmente pavido con il quale ci ponevamo rispetto ad ogni azione che contemplava uno sforzo disumano non indifferente – o almeno così ci appariva - che, dando per scontato - per dirla con Meursault, il protagonista de "Lo Straniero" di Albert Camus - non avrebbe migliorato sostanzialmente la nostra condizione esistenziale o, per dirla con Carmelo Bene, non ci avrebbe "risolto la vota", preferivamo non compiere.

   Oggi, se potessi - e lo faccio Qui ed Ora - lo capovolgerei del tutto scrivendolo nel seguente modo...

 

Nulla apporta tanti benefici all'uomo quanto la virtù della “non” rassegnazione.

 

   O della lotta ad oltranza, allo scopo di pervenire la ‘ove solo la tenacia, la perseveranza e la pazienza possono condurci. Benefici dei quali non si ha la più pallida idea fino a quando non si intraprende il suddetto cammino senza voltarsi mai e poi mai indietro e avendo come unico faro l'obiettivo che ci si è imposti a tutti i costi (quel che costi!) da raggiungere. Fino a quando - per dirla con Renato Caccioppoli, il matematico napoletano per eccellenza - ci si continua a limitare a tutto ciò che ci è possibile e, proprio per questa ragione, non si compierà mai un passo.

   Se è vero, come dice un noto proverbio, che

 

Chi si ferma è perduto

 

lo è, al vero, in quanto chi si ferma si preclude a priori la possibilità di scoprire cosa ci attende al di là di quella leopardiana siepe che non ci va di varcare, contentandoci di restare seduti ad immaginare cosa ci potrebbe essere al di là di essa e preferendo restare seduti alla finestra a guardare e null'altro.

   Ma l'immaginazione - per quanto abbracci la sfera dell'inconosciuto e dell'inconoscibile - non potrà mai giungere a cogliere cosa esattamente noi rinunciamo a priori a conoscere, in fondo, per pigrizia, sia essa di natura fisica che metafisica, sia essa di natura prosaica che poetica, sia essa sia essa illuminata o meno.

   In sostanza, chi sceglie di non raccogliere la sfida di andare la dove l'umano (fin troppo umano!) istinto della rinuncia a priori ti sconsiglia a scopo preventivo di andare, chi sceglie di non raccogliere una qualsiasi sfida, sceglie di restare "fermo" e di gettare al vento la possibilità di Evolversi, sia nel campo della materia che in quello dello spirito, anche perché non v'è conquista spirituale che non si ottenga mettendosi duramente alla prova e temprandosi a livello rigorosamente fisico.

   Così è stato stabilito dall'Altissimo, e Così ha ad essere, anche perchè Così è.

   O, coniando e condividendo finalmente una massima che mi ronza nella testa da un pò di tempo..

 

Chi mangia quando ha fame e beve quando ha sete non cambierà mai il mondo.

 

   E se stesso, ovviamente, quindi, a maggior ragione, il mondo.

 

 

 

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