venerdì 23 novembre 2012

I RACCONTI DI VENER dì - Mirta De Riz





Calogero Esposito

Autrice: Mirta De Riz

Il sabato sera, la cerimonia di premiazione del Premio di Poesia si sarebbe svolta l’indomani, si fece festa all’hotel Miralago. Otello, cameriere eclettico, dopo aver sbrigato le normali incombenze, regalato qualche sorrisino alle opulente “frauen” presenti in sala, intratteneva con frizzi e lazzi, travestito da Monsignore, una comitiva di Tedeschi.
L’allegria coinvolse tutti, anche noi, quattro Poeti che lì condividevamo allegria e attesa.
Calogero Esposito, Vate proveniente da Catanzaro aveva uno sguardo profondo e trasognato.
I suoi capelli color sabbia bagnata, spettinati e di varie lunghezze avevano consegna di nascondere buona parte del suo viso.
Aveva labbra sottili ed esangui, un segno di barba, spalle leggermente piegate in avanti, testa e occhi fissi su qualcosa che non mi era dato di vedere sul tavolo.
M’intrigava e desideravo intrecciare parole con Lui.
Pensai per un po’ prima di rivolgergli la parola; alla fine uscì dalla mia bocca la più banale ed obsoleta delle frasi… Ebbene sì, ebbi l'impudenza di chiedergli: “Che ore sono?”.
Alzò gli occhi, mi guardò distrattamente e sbadigliò. Sbadigliò anche il mio nascente interesse per Lui. Perse, d’improvviso, l’aria bohemien e acquisì quella di “uno che non ne può più dalla stanchezza”.
Calogero si alzò per accomiatarsi dall’improvvisata comitiva ma fu travolto dagli eventi.
Una “ dicke frau” lo abbracciò in vita, lo strinse e lo svegliò con una squillante risata.
Impallidì il Poeta, rendendosi conto di quello che stava succedendo; poi si riprese e accettò, come poco piacevole ma inevitabile, la realtà che andava mano mano palesandosi.
Tutti volevano che il Vate recitasse ”lasuapoesiadapremio”. Calogero si fece pregare a lungo. Sapeva che ben poche persone l'avrebbero capita e apprezzata. Spiegò allora a gesti, più che a parole, che era stanco, cercando nel frattempo di avvicinarsi alla più vicina via di fuga. Ogni passo che faceva verso la porta era una conquista ma alla porta non riuscì ad arrivare.
La battaglia si protrasse, ma il nemico era forte e ben armato di... calici di barbera e proprio… un goccio di Barbera trovò, alla fine, la giusta strada e pizzicò la sua gola.
Purtroppo Calogero era completamente astemio.
Dopo il secondo bicchiere, la Poesia si recitò quasi da sola, uscì dalla bocca fluendo come ruscello a primavera. Nessuno la intese, chi perché era avvezzo ad altra lingua, chi per il chiacchiericcio di sottofondo. L’applauso però fu dirompente e prolungato.
Per festeggiare il Poeta si alzarono i calici al cielo, e che? Proprio Calogero non beveva?
Il Vate dopo un po' cercò di appoggiarsi al tavolo, ma le sue mani trovarono solo la tovaglia che non gradì la presa, così che calici, vino e tovaglia si trovarono, in un abbraccio appassionato nonché disordinato, sul lucido pavimento della sala. Calogero si sbilanciò ed era lì lì per cadere, quando una serie di robuste braccia gli risparmiarono siffatta onta e lo sorressero, accompagnandolo alla stanza numero diciassette.
Manifestazione rigorosa, un po’ snob il giorno seguente nella stupenda Villa dove si svolgeva la Premiazione del Concorso di Poesia.
Nessuno si alzò quando fu invitato sul palco il Poeta Calogero Esposito da Catanzaro per ritirare il premio, perché nessuno era riuscito a svegliarlo.
Il suo lunghissimo viaggio di ritorno Verbania-Catanzaro fu senza medaglia, senza onore nè gloria.

Per contattare l’autrice: mirta-deriz@libero.it

Mirta De Riz ci accompagna, con squisito tocco brillante, nel mondo delle cerimonie dei premi letterari, “luoghi” che permettono l’incontro di realtà spesso distanti una dall’altra. Il protagonista viene descritto con umorismo e ironia, ma anche con tenera partecipazione, in un uso esperto del linguaggio che sa soffermarsi sui particolari che contano.  
Il colore e la lunghezza dei capelli, “lasuapoesiadapremio”, il goccio di Barbera: pochi particolari ma più che efficaci per far “svolgere la scena” davanti agli occhi del lettore.
Mirta De Riz ci regala un piccolo gioiello, ricco di acume descrittivo e di sapienza costruttiva: le varie fasi del racconto sono tutte indirizzate a descrivere la coralità della scena e i “movimenti/spostamenti” del “Vate”, vittima di eventi ai quali non riesce a sottrarsi.
Particolarmente valida, a chiusura, l’immagine del lunghissimo viaggio di ritorno, con quel “senza” che si ripete a sancire la netta, immancabile imprevedibilità della vita.  





Nessun commento:

Posta un commento