venerdì 3 giugno 2016

I RACCONTI DI VENERdì - Ermanno Crescenzi



Quando l’informazione è corrotta, la libertà è in pericolo

Autore: Ermanno Crescenzi

Gli ultimi dati sulla libertà d’informazione del 2015 riportati dall’agenzia “Reporter senza frontiere” sono estremamente consolanti per l’Italia: finalmente la conquista della 77° posizione. La nostra tenacia nel perseguire questo obiettivo è stata premiata (nel 2014 eravamo attestati sulla 74° posizione), con in più la reale possibilità di scalzare la Moldavia che ci precede, anche se dobbiamo guardarci dal Benin (78° posto), una piccola nazione africana dove fervente è l’attività di sfruttamento di lavoro minorile.
La gravità di questa notizia non può certo essere lenita dal modo, volutamente ironico-sarcastico, in cui ve l’ho proposta. Non è certo deridendo un tale drammatico dato che si può combattere il quotidiano attentato che i media operano per condizionare le nostre opinioni e ridurre il nostro senso critico, ovvero la  nostra capacità di analizzare e valutare la realtà per affrontare in modo consapevole e autonomo qualunque decisione.
Il dominio del mondo è sempre di più nelle mani di chi detiene il potere dell’informazione. Oggi, grazie alla digitalizzazione e alla globalizzazione, ogni singola informazione, se ben indirizzata, può potenzialmente divenire un veicolo d’innesco e d’innesto disponibile simultaneamente a milioni di menti, ma dobbiamo guardarci dal meme. Per meme si intende un’entità di informazione che si propaga come un virus da una mente ad un’altra. Noam Chomsky ci mette in guardia dalle strategie di comunicazione utilizzate dai manipolatori dell’informazione per raggiungere i loro obiettivi.

La strategia della distrazione
Consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che  poi sia il pubblico a richiedere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà.

La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi…

La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura.

Rafforzare l’auto-colpevolezza. Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo che inibisce l’azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile. Le ultime indagini rivelano che nel 2025 in Italia 2 cittadini su 3 saranno analfabeti funzionali, cioè non saranno in grado di comprendere un qualunque testo la cui lunghezza sia superiore alle 15 righe.


In Italia l’82,7 % della popolazione si tiene informata attraverso la tv. Per queste persone c'è soltanto quell'informazione "emotiva" e distorta che serve a renderli docili e incapaci di difendere i propri diritti. Come osserva Sartori: “Sostenere che la cittadinanza dell'era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni, sarebbe come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti. È vero che un'immagine può valere più di mille parole, ma è ancor più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto.”
Essere padroni delle proprie opinioni non può prescindere dal porsi domande, verificare le informazioni, confrontandole con fonti affidabili che garantiscano chiarezza, imparzialità, coerenza e che facciano riferimento alla provenienza delle loro informazioni.
Capisco che non è un compito semplice, ma è quello che dovremmo cercare di fare per essere almeno in parte sicuri che la nostra opinione sia la nostra e non quella mutuata passivamente ascoltando opinioni, fatti o osservando immagini propinate dai manipolatori dell’informazione; dobbiamo leggere di più e guardare meno tv! 

Da qualche tempo aperto anche ai saggi, il concorso “I RACCONTI DI VENERdì” ospita nuove considerazioni di Ermanno Crescenzi, osservatore attento e partecipe dei fenomeni sociali contemporanei. Anche stavolta la sua attenzione si concentra sull’informazione e sui profondissimi problemi ad essa collegati. Qualcuno di noi, tempo fa, “di sfuggita”, in alcuni spazi internet ha letto che l’Italia continua a scivolare in basso nella classifica mondiale della libertà d’informazione, ma una notizia così grave è stata accolta in pochissimi spazi di approfondimento (e nessuno, “ovviamente”, televisivo, a ulteriore conferma che da sempre la televisione è “arma di distrazione di massa”).
Questo saggio di Ermanno Crescenzi ci invita alla riflessione ponendo l’accento su alcuni punti fondamentali che non possiamo eludere, se vogliamo davvero essere cittadini che scelgono consapevolmente. In fondo, non è forse la scelta l’unica libertà concreta che abbiamo?

Dello stesso autore: I Tg e noi

Per contattare l’autore: ermanno.crescenzi@virgilio.it

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